Le emozioni: un'informazione speciale

Le emozioni fanno certamente parte della dimensione del sogno, oltre che delle nostre giornate: in sogno ci capita di provare emozioni positive oppure negative, e queste sensazioni spesso si propagano condizionando le ore dopo il risveglio.

Ma cosa sono davvero le emozioni? Nel film “Inside out” 4 personaggi colorati che rappresentano Gioia, Tristezza, Rabbia e Disgusto guidano le azioni e le sensazioni di una ragazzina, umanizzando in modo simpatico le emozioni primarie.


Ecco, le cose in realtà sono un po' più complicate… o forse più semplici: recenti studi dimostrano che queste quattro emozioni non sono così primitive e primarie. Esistono solo un’emozione primitiva positiva e una negativa, legate a sensazioni piacevoli o spiacevoli. Sono poi ulteriori meccanismi cognitivi, legati al contesto ed agli schemi culturali a dare nomi diversi a queste situazioni: per esempio la tristezza è per noi legata ad un’emozione negativa per situazioni in cui non si vede possibilità di intervento. Tuttavia, esistono culture in cui le emozioni sono definite con categorie diverse da quelle a cui noi siamo abituati ed hanno addirittura significati diversi. Per esempio, l’aggressività in alcuni paesi è considerata una forma di rispetto se contestualizzata in certe situazioni. Questo discorso assomiglia un pò al tema della percezione dei colori: il contesto e gli aspetti culturali influenzano la “lingua dei colori” e i relativi significati. Per esempio, gli antichi Greci non utilizzavano dei nomi fissi per indicare i diversi tipi di colore, ma li distinguevano più che altro in base alla loro limpidezza o tenebrosità, così che soltanto il bianco e il nero erano adoperati in maniera definita, a differenza degli altri. Allo stesso modo, nei paesi anglosassoni, prima che in Europa arrivassero le arance dall’Asia, non c’era un nome per il colore arancio, che veniva identificato facendo riferimento al rosso e al giallo.


Talvolta ci sembra che il mondo vada avanti indipendentemente dalle emozioni che abbiamo dentro, ma non è così. Il fatto di essere felici o arrabbiati condiziona le nostre scelte e il nostro modo di leggere la realtà: costituisce in altre parole un’informazione saliente, che noi usiamo inconsapevolmente insieme alle altre informazioni a nostra disposizione per prendere decisioni. Le recenti teorie basate sull'ipotesi di affect-as-information danno evidenza a queste considerazioni.


E’ chiaro tuttavia che abbiamo a che fare con un tipo di informazione molto particolare, più sfuggente. In un mio recente articolo sviluppo la teoria secondo cui le emozioni, in varie situazioni della nostra quotidianità, possono essere messe in correlazione con un nuovo tipo di informazione, la “superinformation”. Inventata nel 2015 da due fisici, David Deutsch e Chiara Marletto, la superinformation condivide con la “quantum information” alcuni comportamenti bizzarri e paradossali: primo fra tutti, l’impossibilità di farne delle copie, come possiamo fare invece con l’informazione classica. Per esempio, quando riceviamo una notizia, la possiamo memorizzare e siamo in grado di riparlarne e di rifletterci, proprio come quando riceviamo un messaggio sul nostro smartphone e lo copiamo o condividiamo con altri. Per le emozioni, non è così: non sempre riusciamo a gestire insieme una notizia e l’emozione collegata: se seguiamo una delle due, perdiamo di vista l’altra e non riusciamo a comunicarla. In altre parole, le emozioni possono collegarsi così strettamente agli eventi che ne diventano una dimensione complementare ed integrante.

Vediamo un esempio emblematico, il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Con questa espressione ci riferiamo a situazioni di incertezza in cui la stessa realtà può essere sentita in modo positivo o negativo, determinando un diverso comportamento: anche se in realtà il bicchiere è sempre lo stesso, quello che cambia è la componente emotiva, che ci spinge in un senso o nell’altro nelle decisioni.


Per fortuna, spesso riusciamo ad esplicitare le nostre emozioni, staccandole dagli eventi specifici e gestendole così in modo appropriato e consapevole. Mi riferisco alle volte in cui sappiamo leggerci dentro, sentire le nostre emozioni e valutare le nostre azioni su basi più oggettive. Tuttavia, le emozioni torneranno presto a intrecciarsi ai nostri pensieri, rientrando a far parte dei processi cognitivi. D’altra parte, è noto che le emozioni possono rendere efficienti i nostri pensieri e il nostro lavoro, rendendo la memoria più efficace e migliorando la concentrazione.


In sintesi, le emozioni sembrano davvero essere qualcosa di magico: quella risorsa sfuggente e quell’energia che le persone speciali, che siano geni della fisica, statisti, artisti, santi... mamme o papà della porta accanto, hanno saputo usare nel modo giusto e mettere in campo per dare gambe ai propri sogni.


Novembre 2020


Se vuoi approfondire:

[1] Russell, J. A. (2003). Core affect and the psychological construction of emotion. Psychological Review, 110(1), 145–172.

[2] Barrett, L. F. (2017). The theory of constructed emotion: an active inference account of interoception and categorization. Social cognitive and affective neuroscience, 12(1), 1-23.

[3] Clore, G. L., Gasper, K., & Garvin, E. (2001). Affect as information. Handbook of affect and social cognition, 121-144.

[4] Tversky, A., & Kahneman, D. (1974). Judgment under uncertainty: Heuristics and biases. science, 185(4157), 1124-1131.

[5] Franco, R. (2020). Constructed emotions and superinformation: a constructor-theoretic approach. arXiv preprint arXiv:2008.06052.

[6] Marletto, C. (2017). Constructor Theory of Information. In Information and Interaction (pp. 103-111). Springer, Cham.